Cattolici senza partito?

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Giorgio Merlo ha prontamente ripreso l’invito del presidente della Cei, cardinal Bassetti che, nella prolusione al consiglio permanente della CEI di lunedì 25 settembre 2017, concludeva il suo intervento con queste parole: “Ai cattolici dico che la politica, come scriveva La Pira, «non è una cosa brutta», ma una missione: è «un impegno di umanità e santità». La politica come affermava Paolo VI, è una delle più alte forme di carità. Papa Francesco ha più volte auspicato la necessità dei cattolici in politica”, invitandoli esplicitamente ad un rinnovato e concreto impegno.

È così venuto fuori l’agile Cattolici senza partito? dove la prefazione di Guido Bodrato, in poche pagine, inquadra il disagio e l’interesse dei cattolici ad uscire da una fase dominata da una politica senz’anima.

Il libro si sviluppa attorno a tre aspetti:

Il primo rappresenta la consapevolezza di un’identità, quella popolare e cattolico-democratica, che ha vissuto tre fasi in cinquant’anni (Dc, Ppi e diaspora) senza che mai venisse meno, accanto alle difficoltà del momento, un’ispirazione di fondo alta, orientata all’interesse generale.

Il secondo prende atto di una complessiva degenerazione della rappresentanza politica durante la Seconda repubblica, iniziata col partito azienda e terminata col partito personale che, dice l’autore, ha rappresentato “un epilogo frutto della personalizzazione e della spettacolarizzazione che ha contagiato ormai quasi esclusivamente la politica italiana. E questo trend, come passaggio successivo, prevede appunto la cancellazione dei partiti plurali a vantaggio dei partiti personali. O meglio, dei comitati elettorali funzionali agli obiettivi del leader.”

Il terzo, dopo aver affermato come “storicamente tramontate le ragioni per ricreare un partito di cattolici nel nostro paese”, prosegue con la constatazione che “è altresì vero che non si può assecondare passivamente la tesi che l’accoglienza migliore viene riservata solo a quanti tra i cattolici accettano la logica di un loro graduale esaurirsi in altri schieramenti”. Ed individua, per il rilancio del popolarismo, la necessità di un rilancio dell’elaborazione politica e culturale capace di operare uno scatto di fantasia ed una forte discontinuità organizzativa per dar vita ad un soggetto che, senza alcuna deriva clericale o confessionale, recuperi la migliore tradizione cattolico-democratica, cattolico-sociale e cattolico-popolare.

Conclude citando Mino Martinazzoli, “l’unità politica dei cattolici non è mai stato un dogma. Come, del resto, non lo è mai stato neanche la diaspora”.