“Star di guardia ai fatti: il Papa, il relativismo, il dialogo”. Questo il titolo dell’incontro con il direttore di Tempi, Luigi Amicone. Organizzato dall’associazione culturale “Il Laboratorio” e dal Circolo MCL Impegno Sociale Valsusino, mercoledì 30 ottobre presso l’Hotel Ninfa, ha registrato una nutrita partecipazione di pubblico. Come ha ben sottolineato Daniele Barale nella sua introduzione, “il modo più ragionevole per cercare di comprendere qualcosa è domandare. Abbiamo voluto questo momento, portandoci le nostre domande, per crescere nella comprensione del pontificato di Papa Francesco, senza cedere alle arbitrarie strumentalizzazioni mediatiche”. Ad intervistare il direttore, costruendo quel metodo dialogico in cui si sono inserite le questioni proposte dai partecipanti, il giornalista Marco Margrita. Due i testi cui si è fatto particolare riferimento: l’intervista che il Papa ha rilasciato ad Eugenio Scalfari e quella a Civiltà Cattolica. Si è scelto uno stile di confronto franco, diretto. Per dirlo con le parole della premessa di Marco Margrita, “se volessimo recuperare una parole della tradizione greca e poi cristiana, potremmo dire che l’obiettivo del nostro confrontarci qui è praticare la parresia. In tutte le accezione di questa parola: libertà di parola, franchezza nel dire e (nel senso paolino) anche audacia della testimonianza”. Punto di partenza non poteva che essere la valutazione dell’effetto-novità rappresentato da Papa Bergoglio. “Non è certo – ha spiegato Amicone – quel Papa-Obama che il pensiero mainstream vorrebbe spacciarci, ma è innegabile che siamo di fronte ad un potente cambiamento. Un cambiamento che è scorretto interpretare come discontinuità. Occorre ricordare che è la rivoluzionaria rinuncia di Benedetto XVI ad aver aperto questa stagione che stiamo vivendo. Papa Francesco è animato dalla volontà di dire Cristo a tutti e di farlo nel modo più diretto e semplice, anche per questo ha fatto quella riflessione sul non partire dall’accento sui temi etici. Non che abbia intenzione di stravolgere la dottrina, come i certi progressisti fingono di credere e certi tradizionalisti vogliono temere. Per comprendere bisogna stare alla sua immagine della Chiesa come ospedale da campo”. Questo Papa, secondo Amicone, “non cede alla postmodernità, ma l’affronta, all’insegna della semplicità, con gesti densi di significato e con un’audacia missionaria che può parlare a tutti. Questo non significa che ponga tra parentesi il magistero di Benedetto XVI. Certo va detto che l’attuale Papa Emerito ha cercato di parlare a tutti (l’università, la politica, la cultura) ma non vi ha trovato nulla. L’avversario, anche di questo Papa, è il gaio nichilismo ed il “pensiero unico”. Un vuoto che proprio nella nostra Italia è drammaticamente esperienza quotidiana”. Papa Francesco, ha concluso il direttore di “Tempi”, “vede nel cristianesimo il suo essere un fatto di popolo, con questa consapevolezza punta all’essenziale. Non invita certo, pensiamo anche alle parole sulla politica, ad un ritiro dei cattolici. Solo li invita ad essere protagonisti ed autonomi nella costruzione delle forme di presenza”. Insomma, a star di guardia i fatti, quindi anche alle parole, emerge, richiamando la battuta che ha chiuso l’incontro, che “ai laicisti di ogni collocazione e a certi credenti che vorrebbero spiegare al Papa come si fa il Papa tocca rassegnarsi: anche questo Papa è cattolico”.